Scienziato Siciliano
La sua famiglia fu illustre e numerosa: dal matrimonio dell’ing. Fabio con la signora Dorina Corso, anch’essa di famiglia catanese, benestante, nacquero cinque figli: Rosina sposata più tardi con Werner Schultze; Salvatore, dottore in legge e studioso di filosofia; Luciano, ingegnere civile, specializzato in costruzioni aeronautiche, che si dedicò poi alla progettazione di strumenti ottici (a lui si deve la progettazione degli osservatori di Monte Mario, del Gran Sasso e dell’Osservatorio dell’Etna, nonché un'ardita progettazione di un ponte sullo Stretto di Messina); Ettore, genio della famiglia; e, quinta e ultima, Maria, Insegnante di pianoforte, diplomata a pieni voti al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma.
Anche il padre Fabio era l’ultimo dei cinque fratelli, tutti di chiara fama: Giuseppe, illustre giurista; Angelo, grande statista; Quirino, Fisico e Dante, giurista e rettore all’Università di Catania
Ettore da ragazzo seguì gli studi classici conseguendo la licenza liceale nel 1923. Inizialmente frequentò la facoltà di Ingegneria di Roma fino al quinto anno,senza conseguire la laurea.
Nel 1928, desiderando di occuparsi di scienza pura, chiese e ottenne il passaggio alla Facoltà di Fisica Teorica sotto la direzione di Enrico Fermi e si laureò a pieni voti, con lode, svolgendo la tesi su :"La teoria quantistica dei nuclei radioattivi". Negli anni successivi frequentò l’Istituto di Fisica di Roma in Via Panisperna. Emilio Segre ne decantò le lodi e lo stesso Fermi vide in lui le qualità del grande scienziato.
Un testimone diretto, Bruno Pontecorvo, anch’egli fisico, sostenne che Majorana aveva raggiunto un livello di comprensione tale della fisica da poter parlare con Fermi da pari a pari. Il prof. Recami, nella sua biografia di Majorana, afferma che questi non aveva alcuna propensione per le attività sperimentali, però sapeva calarsi a profondità insuperate nella sostanza dei fenomeni fisici. Nel campo delle particelle elementari formulò una teoria che ipotizzava l’esistenza di particelle dotate di spin arbitrario, individuate sperimentalmente solo molti anni più tardi.
Sotto la guida di Enrico Fermi si occupò di spettroscopia atomica e successivamente di Fisica Nucleare. Gli studi in merito a questa disciplina ebbero come risultato una nuova teoria sulle forze che assicurano stabilità al nucleo atomico; egli avanzò l’ipotesi che protoni e neutroni, unici componenti del nucleo atomico, interagiscono grazie a forze di scambio. La stessa teoria qualche tempo dopo venne formulata dal tedesco Heisemberg, che giunse agli stessi risultati con molto ritardo rispetto a Majorana.
Dopo il concorso del 1926, in cui ottennero la cattedra universitaria Fermi, Persico e Pontremoli, passarono dieci anni(1937) prima che si aprisse nel 1937, un nuovo concorso per la fisica teorica , richiesto dall’Università di Palermo per opera di Emilio Segre. I concorrenti furono numerosi e molti di essi di elevato valore tra i quali Giulio Racah, ebreo, che si stabilirà successivamente in Israele fondandovi un centro di Fisica Teorica; Gian Carlo Wick e Giovanni Gentile Junior.
La commissione, presieduta da Fermi, Lazzarino, Persico e Polvani, si trovò unanime nel riconoscere la posizione scientifica eccezionale di Ettore Majorana e, in virtù di ciò, si fece promotrice, presso il Ministro Bottai, della nomina di Ettore Majorana a professore di fisica teorica per meriti eccezionali.
Bruno Russo, regista televisivo di Rai 3, sede di Palermo, ha rintracciato per primo e intervistato nel 1990 gli studenti che seguirono le lezioni universitarie tenute da Majorana a Napoli.
Si è venuti così a sapere che Majorana, il giorno prima di salpare da Napoli consegnò alla studentessa Gilda Senatore una cartelletta di materiale scientifico. Anni dopo la professoressa Senatore mostrò i manoscritti di Majorana al marito, fisico pure lui, il quale ne parlò con il Direttore dell’Istituto di Fisica a Napoli, prof. Carrelli, che li pretese. Quelle carte intrapresero un lungo cammino gerarchico e burocratico e alla fine si persero quasi integralmente.
Scomparve in circostanze misteriose mentre si trovava in viaggio sul piroscafo postale Palermo-Napoli, il 26 marzo del 1938. A Napoli Majorana non arrivò mai.
Prima di partire da Palermo scrisse un telegramma all’amico e collega Carrelli al quale raccomandò di non preoccuparsi per il contenuto della lettera che gli aveva indirizzata il giorno prima. In essa Majorana scriveva con molta freddezza di trovare la vita in generale, e la sua in particolare, assolutamente inutile e che pertanto aveva deciso di sopprimersi. La lettera si chiudeva con un caro saluto.
L'ultima lettera, datata 26 marzo era di tenore diverso
MAIORANA, L'ULTIMA ACROBAZIA
di Andrea Camilleri
di Andrea Camilleri
Nel marzo del 1938, prima di dissolversi e nel nulla, lo scienziato catanese
Ettore Majorana, trentaduenne, fisico teorico di altissima, internazionale
levatura, docente all'Università di Napoli, molto vicino al gruppo dei «ragazzi
di via Panisperna», cioè i giovani ricercatori atomici guidati a Roma da Fermi,
scrive due lettere, una ai familiari, una a un amico, nelle quali esprime il
proposito di suicidarsi. Nella seconda annunzia addirittura il giorno, l'ora e
il luogo del suicidio. Ma non vi tiene fede: non e solo il suo corpo non sarà
ritrovato nel luogo indicato, e nemmeno in nessun altro luogo, ma le ricerche,
attivate da Mussolini, approderanno a una mezza certezza e cioè che Majorana
era ancora vivo qualche giorno dopo l'annunziato suicidio. Comunque, da allora,
lo scienziato scompare, suscitando una infinità di domande, supposizioni, illazioni...
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Majorana con la sua famiglia
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